Rosso come la Calabria, un sentimento che si fa vino

La Calabria è un “sentimento” strano, si può osservarla con gli occhi di chi ammira un’opera d’arte eternamente incompiuta e nelle sue contraddizioni cercare una ragione ammaliante, oppure detestarla guardandola con gli occhi di un eurocrate finlandese. In ogni caso è uno di quei luoghi che ti lascia un segno. Saranno le persone, vere e belle, ospitali a limite dell’incredibile, oppure è quella sensazione di sentirsi sospesi in un tempo che sembra pronto a farsi romanzo, racconto, o set per un film di Vanzina con la colonna sonora tutta anni Sessanta e Settanta e il finale che ti fa battere il cuore. “Rosso Calabria, di Terra e di Vino”, l’evento organizzato dalla Regione Calabria, Arsac ed Enoteca Regionale a Cirò (terra madre del Gaglioppo), è stata l’occasione per riscoprire un territorio che vuole rilanciarsi attraverso una visione strategica ed integrata della filiera del turismo enogastronomico a supporto di quello ricettivo.

La visione e la determinazione di piccoli vigneron come De Franco, Arcuri, Calabretta, Parrilla tra i primi a voler scommettere su una nuova strada per questo vino, affiancata all’esperienza e all’importanza di cantine storiche come Librandi, Ippolito 1845, che hanno avuto certamente il merito storico di continuare ad investire e non far perdere completamente le tracce della DOC Cirò, assieme a tutta una nuova generazione di vignaioli cirotani, hanno scelto di riprende in mano le radici, non solo vitivinicole, di un territorio ricco di storia e tradizioni per farne legame e unione , consapevoli che solo la forza dello stare assieme può proiettarli sui migliori palcoscenici enoici e turistici nazionali e non solo. Ed è stato bello condividere bicchieri e riflessioni, camminare per filari e cantine, accompagnati dai sorrisi e dalla sincera fratellanza di una comunità di produttori e vignaioli che non ha mai ceduto all’egoismo e all’autocelebrazione, piuttosto ha invitato a bere il vino “dell’altro” con lo stesso orgoglio. Cantine storiche e più conosciute hanno camminato al fianco e con eguale entusiasmo e determinazione, mai un mezzo passo avanti, dei più piccoli e più giovani produttori. Prima ancora che parlare del vino è giusto restituire al lettore ciò che immediatamente abbiamo colto in questo gruppo; perché tutto ciò sfida e sfata i luoghi comuni che vogliono un sud diviso e incapace di fare squadra, finalmente! Sentimento, dunque, è il sostantivo cui consegniamo questa esperienza.

A Cirò, dicevamo, la viticoltura ha una tradizione millenaria, come per tutta questa parte dell’Italia meridionale un tempo chiamata Enotria, a conferma di un territorio crocevia di scambi e contaminazioni tra popoli e civiltà provenienti da tutto il Mediterraneo. Tra le montagne e il mare, con un clima caldo e asciutto, dai terreni di argilla e calcare e un clima ventilato dal Grecale, il Gaglioppo esprime le sue più raffinate caratteristiche di vitigno ricco, dalla grande personalità eppure mai invadente. La qualità generale dei vini assaggiati è stata più che buona, sicuramente discorso che vale per i rossi, che a nostro avviso restano al momento il potenziale vero per questo areale. A dispetto delle remore iniziali abbiamo scoperto vini con bei profumi al naso e ritrovati coerenti al palato, con tannini abbastanza asciutti e freschi, di buona acidità e sapidità a garantire alla bevuta una piacevole continuità.

Insomma, un vino cui il buon lavoro fatto in vigna prima che in cantina sta restituendo una prospettiva di sicuro successo. Le temperature di servizio non sono state sempre ideali per apprezzare, invece, al meglio i rosati e i bianchi, che rimandiamo a future degustazioni. Eviteremo di parlare delle singole etichette assaggiate; come detto in premessa crediamo sia fondamentale raccontare e sostenere il progetto collettivo che vede impegnato questo gruppo di produttori, l’Enoteca Regionale e i vari attori Istituzionali nel rilancio di una regione e delle sue terre di vino; ci sarà tempo e spazio per parlare singolarmente dei protagonisti di questa rinascita del Cirò, molti peraltro già conosciuti al pubblico più esperto. Probabilmente ciò che occorre, soprattutto alle nuove cantine, è dotarsi di una forza e di una strategia commerciale più efficace.

L’invito all’enoturista appassionato è quello di raggiungere questi luoghi e lasciarsi guidare dalla disponibilità e dalla sincera accoglienza dei cirotani alla scoperta delle loro vigne e delle cantine, ne rimarrà sorpreso, felice, soddisfatto. Bevetene da tutti, abbiate curiosità, ne sarete ripagati. Tra un bicchiere e l’altro suggeriamo una visita al piccolo ma interessante al piccolo paese di Cirò ed in particolare al suo museo (sorpresa nella sorpresa), che dedica uno spazio all’astronomo Luigi Lilio originario cirotano e ideatore del Calendario Gregoriano; ed un’altra parte la riserva all’Alchimista Giano Lacinio, teologo francescano del Cinquecento. Per ritrovare le origini di una storia e di una civiltà dimenticata, o forse per troppo tempo bistrattata, e che andrebbe ripresa e fatta propria con dignità e molto orgoglio meridionale, invece, da non perdere è la visita al museo Archeologico e a quello del vino e della civiltà contadina.

Sugli ultimi assaggi dalla torre dei bastioni del Castello la sera spingeva la luna tra i vicoli del paese mentre vecchie cantavano un rosario alla Madonna, la festa pagana del vino e quella sacra della preghiera trovavano così il loro incanto. La Calabria è un “sentimento” strano, come il volo di un gabbiano o un bacio rubato a mezzanotte, mentre dalla radio di una vecchia casa Bruno Martino cantava “Estate”, in un tempo sospeso che intanto aveva fatto battere il cuore e s’era fatto racconto.

Al Rosso Calabria, alle terre di vino e del Cirò, Prosit e Serenità.