Calabria, la scoperta del territorio passa (anche) dal vino

La guida ViniBuoni d’Italia del Touring Club Italiano la celebra con sei corone (riservate ai vini top) e con altrettante golden star (il secondo gradino del podio): Cirò rosso, il portabandiera di questa terra, ma anche Terre di Cosenza, Greco di bianco doc, Val di Neto Igt, moscato passito... Un risultato che conferma l’eccellente lavoro di crescita di una regione, la Calabria, che sul fronte vitivinicolo ha tanto da dire.
Nove sono i vini doc: Bivongi, Cirò (sia rosso sia bianco), Greco di Bianco, Lamezia, Melissa, Sant’Anna Isola Capo Rizzuto, Savuto, Scavigna, Terre di Cosenza; dieci i vini igt: Arghillà, Calabria, Costa Viola, Lipuda, Locride, Palizzi, Pellaro, Scilla, Valdamato, Val di Noto.
 
Forse si è partiti in ritardo, nel puntare su questa risorsa, rispetto ad altre regioni da tempo affermate a livello internazionale. «Ma siamo ancora in tempo» ci dice Sarino Branda, direttore generale di Unindustria Calabria (Confindustria provinciale), Accademico della Cucina Italiana e appassionato di enogastronomia, che nel libro Vini di Calabria. Storie (minime) di uomini, donne, luoghi e uve (Rubbettino editore, 2016) ha provato a comporre il puzzle dei vini calabresi, raccontandone più di 100 (“e oggi potrei scriverne almeno un’altro, di libro”).
Un mondo tutto da scoprire.
 

Dopo il Gravello di Librandi e il Garrone di Odoardi, i primi calabresi ad avere raggiunto più volte alti punteggi nelle degustazioni specializzate, sono tante le etichette e le cantine calabresi che hanno ricevuto premi e riconoscimenti: Cantine Benvenuto (i signori dello zibibbo), Baccellieri, Giraldi & Giraldi, Cantine Vincenzo Ippolito (loro il Cirò rosso superiore riserva premiato dalla guida Vinibuoni 2019), La Pizzuta del Principe.

Merita poi di essere raccontata EuVite, il primo modello nel Sud Italia di associazione fra produttori, uniti per promuovere la vitivinicoltura calabrese. Costituitasi nel 2008, comprende cinque aziende di diverse dimensioni, ciascuna in rappresentanza di un diverso terroir regionale: Librandi di Cirò (Crotone, nella foto sotto), Malaspina di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), Poderi Marini di San Demetrio Corone (Cosenza), Serracavallo di Bisignano (Cosenza) e Statti di Lamezia Terme (Catanzaro). Un esempio virtuoso di come il vino promuova il territorio, e viceversa.
 
 
Il rilancio del vino calabrese passa anche attraverso un maggiore impegno nella distribuzione internazionale. Recentemente è nato il portale Wine and Travel Italy rivolto al mercato nordamericano e in particolare a quello canadese. Un mercato che per il vino italiano è centrale e in forte crescita (+10%): per il settore enologico, il Canada è quinto mercato di destinazione delle produzioni italiane e si concentra soprattutto sul Quebec (storico territorio di emigrazione italiana), dove prova a insidiare il primato dei vini francesi.

Il portale è stato presentato al MArRc, il Museo di Reggio Calabria, che ospita i Bronzi di Riace nel nuovo allestimento voluto dal direttore Carmelo Malacrino, con i due capolavori visibili già dalla hall. 
L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo dalle aziende vitivinicole calabresi: sono oltre 130 le cantine che hanno aderito. Entusiasmo condiviso anche da Jacques Orhon, giornalista e sommelier franco-canadese che ha fatto conoscere al Canada l’eccellenza vitivinicola del nostro Paese. «Il Quebec – ha spiegato Orhon – ha amato i vini francesi e quelli di regioni come Veneto e Toscana, adesso è la volta di quelli calabresi».
 
 
Vino come testimonial del territorio, dunque. Soprattutto se il primo viaggio in Italia è dedicato alle città d’arte, mentre il secondo si focalizza proprio sui sapori – piatti e vini – della nostra penisola. Chi è stato a Reggio Calabria a vedere i Bronzi può tornare a scoprire la vicina doc Greco di Bianco e risalendo la regione, tutte le altre. Come dicono Antonio e Nicodemo Librandi dell’omonima cantina, «la nostra terra è un’armonia di natura, storia, arte, gastronomia e folklore. C'è chi la racconta con le parole. Noi abbiamo scelto un altro modo».